SAN SOSTI - TRA NATURA E CULTURA
Vi presento il mio paese: San Sosti
Ho creato questo blog per permettere ai naviganti di conoscere e ammirare il mio piccolo paese ed a me di rimanere idealmente in contatto con la mia terra.
San Sosti si trova ai piedi del monte Mula, ultimo baluardo della catena del Pollino, in provincia di Cosenza. Collocato in una posizione un tempo strategica, all'imbocco della gola del fiume Rosa e quindi dell'antichissima via istmica che collegava Ionio e Tirreno, il paese di San Sosti si presenta molto ricco di bellezze naturali, di testimonianze storiche e di suggestive tradizioni.
Molto famoso e importante è il Santuario della Madonna del Pettoruto, meta di un secolare pellegrinaggio.
Nei vari post potrete conoscere la storia, le tradizioni, la natura, il Santuario della Madonna del Pettoruto insieme ad altri aspetti e momenti della vita sansostese.
Seguitemi e utilizzate l'archivio per trovare nei post precedenti foto e video.
Un saluto a tutti i sansostesi nel mondo.
Mario Sirimarco.
San Sosti si trova ai piedi del monte Mula, ultimo baluardo della catena del Pollino, in provincia di Cosenza. Collocato in una posizione un tempo strategica, all'imbocco della gola del fiume Rosa e quindi dell'antichissima via istmica che collegava Ionio e Tirreno, il paese di San Sosti si presenta molto ricco di bellezze naturali, di testimonianze storiche e di suggestive tradizioni.
Molto famoso e importante è il Santuario della Madonna del Pettoruto, meta di un secolare pellegrinaggio.
Nei vari post potrete conoscere la storia, le tradizioni, la natura, il Santuario della Madonna del Pettoruto insieme ad altri aspetti e momenti della vita sansostese.
Seguitemi e utilizzate l'archivio per trovare nei post precedenti foto e video.
Un saluto a tutti i sansostesi nel mondo.
Mario Sirimarco.
lunedì 8 agosto 2011
San Sosti agosto 2011
Segavano i rami sui quali erano seduti.
E si scambiavano a gran voce le loro esperienze,
di come segare più in fretta. E precipitarono
con uno schianto.
E quelli che li videro scossero la testa
e continuarono a segare
(Bertolt Brecht)
mercoledì 20 aprile 2011
L'ascia di Kyniskos
Posto due bellissime foto dell'ascia di San Sosti conservata al British Museum di Londra tratte dal sito http://www.atlantid.info/?page_id=442.
Si tratta, come ben sanno gli storici, di un reperto di straordinaria importanza soprattutto per la sua iscrizione che contribuisce a creare un intricato mistero dell'antichità: il mistero del suo dedicante, della divinità, della località.
Si tratta, come ben sanno gli storici, di un reperto di straordinaria importanza soprattutto per la sua iscrizione che contribuisce a creare un intricato mistero dell'antichità: il mistero del suo dedicante, della divinità, della località.
giovedì 13 gennaio 2011
Contributo al dibattito sul “dissociatore molecolare”
In merito alla importante discussione che si è aperta sul tema “dissociatore molecolare” voglio solo offrire al lettore qualche rapidissima considerazione molto generale (quasi propedeutica) che spero possa contribuire al dibattito e all’assemblea di sabato prossimo che mi auguro coinvolga un grandissimo numero di cittadini sansostesi.
Dai contributi apparsi sulla rete (veramente la nuova agorà) emerge chiaramente la complessità della questione che legittima opinioni dicotomiche come quelle che abbiamo letto in questi giorni. Niente di sorprendente perché uno dei tratti caratterizzanti del nostro tempo (c’è chi parla, non a caso, di “società del rischio”) è che il sapere scientifico si presenta, paradossalmente, con il carattere dell’incertezza. Su tutta una serie di questioni, in particolare in materia ambientale, la scienza spesso è “incerta” perché non riesce a dare una risposta univoca, incontrovertibile, certa, che possa aiutare il legislatore (o l’amministratore) nella decisione giuridico-politica. Il legislatore (o l’amministratore) deve, nel momento in cui si prepara a decidere, farsi carico di questa incertezza e assumersi la responsabilità della scelta muovendosi tra giudizi scientifici divergenti, spesso contrastanti.
Le nuove coniugazioni del rapporto politica e scienza incidono soprattutto sul momento essenziale della vita delle odierne democrazie: il momento della partecipazione alle decisioni. Il divenire incerto del futuro e della sopravvivenza umana e la valutazione del diritto delle generazioni future impongono che le decisioni più complesse di una comunità, come quelle che comportano di valutare la incidenza o meno di un rischio, siano prese coinvolgendo nel modo più largo possibile l’opinione pubblica. Non si tratta di decisioni che possono essere preso nel chiuso dei palazzi o da maggioranze risicate e molto provvisorie.
Si pone un problema che attiene alla partecipazione democratica e che presuppone il riconoscimento di un vero e proprio diritto di sapere in capo ai cittadini. Come ha scritto Hans Jonas (bisognerebbe rileggere in questi momenti i suoi libri …), il sapere, non il sapere di pochi maîtres à penser, ma un sapere accessibile a tutti, è necessario per garantire la moralità dell’azione, oltre al volere morale, e senza il quale la governance della scienza resta appannaggio dei tecnici (interessati) e dei poteri forti (interessati).
Di fronte alla incertezza scientifica il diritto interviene con criteri prudenziali con i quali si dà vita a procedure di rappresentazione e valutazione preventiva delle azioni: la valutazione di impatto ambientale e il principio di precauzione. In presenza di un rischio e di un danno in qualche modo quantificabili opera la valutazione di impatto e di rischio ambientale.
Nel momento in cui, invece, il rischio non è noto (nei casi di incertezza e ignoranza) interviene il (controverso, molto controverso) principio di precauzione.
Il passaggio dalla logica della prevenzione a quella della precauzione avviene nel momento in cui si va al di là della mera valutazione del danno e si integra il giudizio scientifico con quello giuridico e politico per la tutela dei cittadini che, a loro volta, devono essere coinvolti nelle decisioni. Detto in altri termini, il passaggio dal principio di prevenzione a quello di precauzione comporta che nei casi di incertezza scientifica la valutazione sia affidata a criteri non solo scientifici, ma morali, sociali, economici, politici (il nostro Comitato Nazionale di Bioetica ha scritto giustamente: “il principio di precauzione ha una duplice consistenza, epistemologica ed etica. Separare le due dimensioni non è possibile, anche se molti lo riterrebbero auspicabile. Un’elaborazione puramente tecnica del principio di precauzione sarebbe infatti del tutto cieca, cioè incapace di individuare quali dimensioni del bene umano meritano di essere protette contro rischi futuri, con quali tipi di impegno, con quali costi (economici e non economici)”.
Il caso in esame si inquadra, chiaramente, in questa prospettiva e richiede una riflessione approfondita, seria, libera da qualsiasi condizionamento … soprattutto da quello dei venditori di illusioni.
Mario Sirimarco
Dai contributi apparsi sulla rete (veramente la nuova agorà) emerge chiaramente la complessità della questione che legittima opinioni dicotomiche come quelle che abbiamo letto in questi giorni. Niente di sorprendente perché uno dei tratti caratterizzanti del nostro tempo (c’è chi parla, non a caso, di “società del rischio”) è che il sapere scientifico si presenta, paradossalmente, con il carattere dell’incertezza. Su tutta una serie di questioni, in particolare in materia ambientale, la scienza spesso è “incerta” perché non riesce a dare una risposta univoca, incontrovertibile, certa, che possa aiutare il legislatore (o l’amministratore) nella decisione giuridico-politica. Il legislatore (o l’amministratore) deve, nel momento in cui si prepara a decidere, farsi carico di questa incertezza e assumersi la responsabilità della scelta muovendosi tra giudizi scientifici divergenti, spesso contrastanti.
Le nuove coniugazioni del rapporto politica e scienza incidono soprattutto sul momento essenziale della vita delle odierne democrazie: il momento della partecipazione alle decisioni. Il divenire incerto del futuro e della sopravvivenza umana e la valutazione del diritto delle generazioni future impongono che le decisioni più complesse di una comunità, come quelle che comportano di valutare la incidenza o meno di un rischio, siano prese coinvolgendo nel modo più largo possibile l’opinione pubblica. Non si tratta di decisioni che possono essere preso nel chiuso dei palazzi o da maggioranze risicate e molto provvisorie.
Si pone un problema che attiene alla partecipazione democratica e che presuppone il riconoscimento di un vero e proprio diritto di sapere in capo ai cittadini. Come ha scritto Hans Jonas (bisognerebbe rileggere in questi momenti i suoi libri …), il sapere, non il sapere di pochi maîtres à penser, ma un sapere accessibile a tutti, è necessario per garantire la moralità dell’azione, oltre al volere morale, e senza il quale la governance della scienza resta appannaggio dei tecnici (interessati) e dei poteri forti (interessati).
Di fronte alla incertezza scientifica il diritto interviene con criteri prudenziali con i quali si dà vita a procedure di rappresentazione e valutazione preventiva delle azioni: la valutazione di impatto ambientale e il principio di precauzione. In presenza di un rischio e di un danno in qualche modo quantificabili opera la valutazione di impatto e di rischio ambientale.
Nel momento in cui, invece, il rischio non è noto (nei casi di incertezza e ignoranza) interviene il (controverso, molto controverso) principio di precauzione.
Il passaggio dalla logica della prevenzione a quella della precauzione avviene nel momento in cui si va al di là della mera valutazione del danno e si integra il giudizio scientifico con quello giuridico e politico per la tutela dei cittadini che, a loro volta, devono essere coinvolti nelle decisioni. Detto in altri termini, il passaggio dal principio di prevenzione a quello di precauzione comporta che nei casi di incertezza scientifica la valutazione sia affidata a criteri non solo scientifici, ma morali, sociali, economici, politici (il nostro Comitato Nazionale di Bioetica ha scritto giustamente: “il principio di precauzione ha una duplice consistenza, epistemologica ed etica. Separare le due dimensioni non è possibile, anche se molti lo riterrebbero auspicabile. Un’elaborazione puramente tecnica del principio di precauzione sarebbe infatti del tutto cieca, cioè incapace di individuare quali dimensioni del bene umano meritano di essere protette contro rischi futuri, con quali tipi di impegno, con quali costi (economici e non economici)”.
Il caso in esame si inquadra, chiaramente, in questa prospettiva e richiede una riflessione approfondita, seria, libera da qualsiasi condizionamento … soprattutto da quello dei venditori di illusioni.
Mario Sirimarco
mercoledì 27 ottobre 2010
Qualcosa si muove ...
Riprendo dal sito Gola del Rosa, curate dall'ottimo Pieruccio Balestra, le immagini dell'inaugurazione dell'azienda casearia di Salvatore di Loria "La Fornace". Solo con iniziative del genere la Calabria può uscire dal tunnel ... naturalmente con il lungimirante supporto del potere politico con adeguati investimenti infrastrutturali e promozionali.
In bocca al lupo e complimenti per quanto realizzato.
M.S.
In bocca al lupo e complimenti per quanto realizzato.
M.S.
mercoledì 21 luglio 2010
mercoledì 19 maggio 2010
domenica 18 aprile 2010
Il monastero di San Nicola in località Fravitta e la presenza albanese
In diverse fonti del 1600 viene menzionato il monastero di San Nicola (dipendente dal monastero di Lungro) nel nostro territorio.
Si tratta di un dato molto importante perchè, insieme ad altri indizi e prove, dimostra la presenza albanese nella storia della nostra comunità.
I ruderi (come documentato la prima volta nel libro La misteriosa città di Kyniskos di M. Sirimarco e P. Calonico) sono ancora oggi ben visibili in località Fravitta.
Eccoli in queste due foto.
Pubblico il testo di un mio commento ad un articolo di Francesco Marchianò sul sito www.goladelrosa.eu:
Caro Raffaele, permettimi di esprimere i miei complimenti all’autore per questo articolo molto interessante e per il suo documentato lavoro di ricerca.
La presenza albanese nella storia sansostese è riscontrabile in numerose fonti documentali e letterarie che l’autore puntualmente cita, in alcuni dati toponomastici (piazza degli Albanesi, per esempio). Una traccia molto significativa mi sembra anche la presenza in località Fravitta di un luogo di culto dedicato a San Nicola …
Quello che occorre precisare (anche se Marchianò non cade nell’errore) è che, al contrario di quanto sostenuto da storici locali (come don Domenico Cerbelli nella sua, comunque, fondamentale Monografia), San Sosti non è di origine albanese in quanto le famiglie che vi si insediarono trovarono già una comunità organizzata con le sue istituzioni e la sua religiosità. Le più recenti investigazioni archeologiche lo dimostrano chiaramente in quanto attestano una presenza umana di un certo rilievo dalla protostoria all’età moderna (una prima densa relazione sulle ultime campagne di scavo può essere letta alla pagina web http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2008-130.pdf).
La storia di San Sosti, dei Casalini, del Pettoruto, nonostante diversi importanti contributi (tra i quali mi permetto di ricordare un libretto del 1995 dal titolo “La misteriosa città di Kyniskos” soprattutto per il rinnovato impulso che ha dato agli studi storici e archeologici), resta in gran parte da scrivere.
Si tratta di un dato molto importante perchè, insieme ad altri indizi e prove, dimostra la presenza albanese nella storia della nostra comunità.
I ruderi (come documentato la prima volta nel libro La misteriosa città di Kyniskos di M. Sirimarco e P. Calonico) sono ancora oggi ben visibili in località Fravitta.
Eccoli in queste due foto.
Pubblico il testo di un mio commento ad un articolo di Francesco Marchianò sul sito www.goladelrosa.eu:
Caro Raffaele, permettimi di esprimere i miei complimenti all’autore per questo articolo molto interessante e per il suo documentato lavoro di ricerca.
La presenza albanese nella storia sansostese è riscontrabile in numerose fonti documentali e letterarie che l’autore puntualmente cita, in alcuni dati toponomastici (piazza degli Albanesi, per esempio). Una traccia molto significativa mi sembra anche la presenza in località Fravitta di un luogo di culto dedicato a San Nicola …
Quello che occorre precisare (anche se Marchianò non cade nell’errore) è che, al contrario di quanto sostenuto da storici locali (come don Domenico Cerbelli nella sua, comunque, fondamentale Monografia), San Sosti non è di origine albanese in quanto le famiglie che vi si insediarono trovarono già una comunità organizzata con le sue istituzioni e la sua religiosità. Le più recenti investigazioni archeologiche lo dimostrano chiaramente in quanto attestano una presenza umana di un certo rilievo dalla protostoria all’età moderna (una prima densa relazione sulle ultime campagne di scavo può essere letta alla pagina web http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2008-130.pdf).
La storia di San Sosti, dei Casalini, del Pettoruto, nonostante diversi importanti contributi (tra i quali mi permetto di ricordare un libretto del 1995 dal titolo “La misteriosa città di Kyniskos” soprattutto per il rinnovato impulso che ha dato agli studi storici e archeologici), resta in gran parte da scrivere.
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